Dialoghi con Moad Haid


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Eremia I, anno standard 2745

Le impronte finivano li, dopo quasi 10 anni di cammino, appoggiò il suo piede nudo nell’ultima orma. Un’accecante luce viola lo costrinse a coprirsi gli occhi e pochi secondi dopo un boato assordante spazzò la sabbia intorno a lui come una tempesta.
Riaprì gli occhi, in alto nel cielo dominava un’immensa figura metallica, l’ombra oscurava ogni cosa che riuscisse ad osservare. Allora si sedette, incrociò le gambe ed iniziò a meditare.

“Sei tu Moad Haid?”
“Sono io, come mai siete qui?” – rispose senza cambiare posizione.
“Allora è vero!” – esclamò lo straniero, poi continuò – “Dicono che cammini su questa terra da 10 anni, senza mangiare e senza bere. Perchè lo fai?”
“Le impronte mi precedono, seguo l’unica via.”
“E dove ti ha portato, dimmi, questa tua via?” – rispose seccato lo straniero.
“Qui, con te.” – aprì gli occhi, le sue iridi bianche si distinguevano appena – “Ora il mio viaggio continuerà con te, penso di averti sempre aspettato, ma lo capisco solo ora.”
Lo straniero sorrise – “Io sono venuto a cercare risposte, Moad Haid, ora scopro che tu non sei che un pazzo. Guardati! Solo in un pianeta deserto e non ti concedi neanche il piacere del cibo, allora che senso ha vivere? Tanto vale essere morto!”
“Il cibo e l’acqua non mi servono per vivere, non voglio morire finché posso sentire”
“Sentire cosa?” – lo interruppe bruscamente lo straniero.
Moad Haid allora si alzò, un’impronta si materializzò nella sabbia di fianco a lui, lo straniero indietreggiò incredulo – “Quale tecnologia è mai questa?” – balbettò.

Moad Haid inizio a camminare poggiando ogni volta il piede li dove si materializzava un’orma, lo straniero lo seguì.
“Moad Haid, perché questo trucchetto così banale? Perché bisogno di impressionarmi?”
“Come ti ho detto, le mie impronte mi precedono, seguo l’unica via. Io vivo nel presente, allora il tempo smette di avere un senso. Le tue orme non ti anticipano perché mentre cammini vedi infinite possibilità di fronte a te, io ne vedo solo una, lì ” – e indicò l’impronta appena materializzatasi davanti a lui – ” e semplicemente la seguo.”
“Mi dispiace ma faccio fatica a credere ai deliri di un pazzo.”
Lo straniero non parlò per un po’ mentre seguiva Moad Haid, pensò che stesse cercando di stupirlo con i suoi trucchi, ma poi si convinse che non ne aveva motivo, d’altronde perché un uomo che non gode neanche del cibo dovrebbe trovare piacere nell’impressionare uno straniero? Infine chiese – “Poniamo che quello che dici sia vero, posso anche io iniziare a seguire la mia via?”
“Non esiste la tua via, esiste solo la via. Certamente, tutti possono seguire la via.”
“Come Moad?” – domandò spazientito.
“Io seguo le mie orme perché è ciò che vedo, tu cosa vedi?”
“Io non vedo niente, non lo so, cosa intendi?”
“Se non vedi niente è perché non osservi, fermati, elimina ogni necessità, e apri gli occhi.”
“Io ho il mio impero da seguire, se mi fermassi, io! Migliaia di miliardi di umani in tutta la galassia perderebbero il lavoro! Poi ho una famiglia, uno non può semplicemente fermarsi quando gli capita!” – così dicendo lo straniero alzò i toni.

Moad Haid non rispose, lo straniero cercò di calmarsi.
“Moad Haid, cosa facevi 10 anni fa? Perché hai scelto di venire qui?”
“Cercavo di ricordare come poter tornare sulla via. Mi ritrovai sulla via casualmente quando ero ragazzo, da li in poi non ho fatto altro che cercare di tornarci. Nel frattempo ho lavorato per poter permettermi di non dover più pensare a lavorare. Non ho scelto di venire qui, ho seguito le mie orme.”
“E com’è stato quel giorno in cui hai iniziato a seguire le tue orme? Com’è successo?”
“Ho iniziato a credere nella via. Prima, ogni istante, pensavo a tutti i futuri davanti a me, poi semplicemente ho smesso di interessarmene. Non è successo niente di particolare.”
“Uno non può smettere semplicemente di pensare alle conseguenze delle proprie azioni.” – ribatté lo straniero.
“Le conseguenze esistono già, le azioni esistono già. La via è una, semplicemente non la guardi mentre la prendi.”
“Ma per le scelte che devo prendere non posso prendermi il lusso di non pensare!”
Moad Haid si fermò, i suoi bianchi occhi incrociarono ancora quelli dello straniero – “Nessuna scelta è obbligata, in particolare nel tuo caso straniero, da quello che dici sei ricco quanto basta per non far più pensare al cibo almeno 100 delle generazioni che ti seguiranno.”
“Io non voglio abbandonare tutto.” – sospirò lo straniero.
“No, tu hai paura di prendere la via. Facciamo di tutto per evitare di prendere la via, la civiltà stessa è solo un velo della seta più ricca che ci mettiamo sugli occhi per non vedere la via.”
Lo straniero non capì – “Moad Haid, vuoi dire che ciò che ci rende uomini è ciò che ci impedisce di seguire la via?”
“Io prima, sono colui che segue la via, poi sono un uomo.”
“Quindi stai suggerendo che dovremmo tornare uno stato primordiale? Dovremmo vivere tutti come vivi tu?”
Moad Haid realizzò che le impronte lo avevano portato al modulo di atterraggio dello straniero – “Io vivo così. Ho mai detto che anche gli altri dovrebbero seguirmi?” – poi indicò il modulo – “Posso venire con te?”
Infine anche lo straniero si accorse di aver percorso esattamente la strada per tornare al suo modulo di atterraggio – “Come sapevi?” – si interruppe, sapeva già la risposta – “le orme.” – sussurrò incredulo. Infine rispose – “Certo.”

Incrociatore Súnoikos, anno standard 2745

Erano passate due settimane da quando Moad Haid salì a bordo del Súnoikos, lo straniero lo aveva già contattato due volte per organizzare un incontro, ma entrambe le volte lo stesso straniero, poche ore prima dell’appuntamento, era stato costretto ad annullare per imprevisti lavorativi.
Moad Haid non cambiò le sue abitudini a bordo dell’incrociatore, dopo ogni risveglio iniziava a camminare. Ora però doveva osservare attentamente il pavimento metallico dell’incrociatore, senza sabbia le impronte si distinguevano solo dai lievi movimenti della polvere che precedevano il suo piede. Non era abituato, solitamente non sentiva la necessità di guardare le proprie orme, forse perché queste erano ben visibili. Ora, nascoste, Moad Haid si preoccupò di continuare ad osservarle, come se ogni orma poteva essere l’unica.

Un uomo dal passo veloce interruppe il suo camminare – “Moad Haid, Noah si è liberato, è pronto per vederla, mi segua”
Moad Haid sorrise e lo inseguì.

“Ciao Moad Haid! Vieni, accomodati.” – lo straniero lo invitò a sedersi al tavolo sul quale stava già pasteggiando con la sua famiglia – “Ecco, lei è Hanoka, mia moglie, loro sono i miei due bimbi.”
“E’ un piacere conoscervi.” – rispose Moad Haid, poi si sedette nel posto di fronte a Noah.
“Ho consigliato io a mio marito di recarsi su Eremia I per cercarla. Sono immensamente onorata di averla qui al tavolo con noi.” – disse la giovane donna si inchinandosi più volte.
“Non c’è motivo di sentirsi onorati della mia presenza, sono io a dover ringraziarvi per tutti i doni che mi state offrendo.”
“Mio marito mi ha parlato tutte le sere del vostro incontro, so che è stato breve ma ha avuto un grande impatto su di lui.” – così dicendo Hanoka accarezzò la mano di Noah guardandolo.
“Mi dispiace non essere riuscito a invitarti prima Moad Haid, d’ora in poi mi piacerebbe incontrarci più spesso.”
“Sono qui per questo.”
“Dimmi, Moad, come ti senti dopo aver lasciato il tuo deserto?”
“Ora la notte non sento freddo e al mattino non devo scrollarmi la sabbia dal capo.” – allora i bambini scoppiarono a ridere.
“Bambini, fate i bravi.” – disse dolcemente Hanoka rivolgendosi ai suoi figli.
“E le tue orme? Ho natato che non ti anticipano più come su Eremia I…”
“Allora non hai osservato bene, sono sempre un passo davanti al mio. Anche io faccio fatica a vederle, ma ci sono.”
“Oltre che attraverso le sue orme Moad Haid, ha altri modi di rendersi conto di star seguendo la via?” – chiese Hanoka.
“Quando leggi un libro, in quali modi sai di star leggendo un libro?”
Hanoka capì, la sua domanda era troppo generica, la risposta non poteva essere altrimenti, allora si corresse: “Mi scusi Moad Haid, intendevo, in quali altri modi si presenta la via?”
Moad Haid allora prese un frutto dalla tavola – “Questo frutto è un Gojahel di Prasso, uno dei frutti più buoni della galassia, pochi uomini possono permettersi di averne una dozzina sul tavolo. Ma cos’è veramente un Gojahel? L’insieme della molecole che lo formano? Un simbolo di ricchezza? L’entusiasmo di un Prassiano per averne trovato casualmente uno sulla via di casa? Un Gojahel non esiste, ma quel Prassiano si interrogherà riguardo tutti gli eventi che lo hanno portato ad essere li, nel giusto momento. E ne sarà grato.”
“Quindi dobbiamo aspettare un avvenimento speciale per iniziare a seguire la via? Così da poter dire, ecco, ci sono.” – chiese lo straniero.
“Non serve aspettare, è già qui.” – così dicendo Moad Haid aprì il frutto, un intenso profumo floreale si diffuse in tutto la stanza, Moad Haid allora si fermò, fece un profondo respiro e diede il frutto a Noah.
Hanoka ripeté il respiro – “Capisco, non crede però che l’abitudine renda ogni momento indistinguibile rispetto agli altri?”
“Non è l’abitudine, è la paura.” – fece ancora un profondo respiro, poi continuò – “Solo chi è capace di non giudicare può camminare sulla via, il giudizio causa la paura, la paura è la piccola morte che porta con sé l’annullamento totale.”
“Giudicare cosa?” – chiese lo straniero.
“Il tuo respiro ad esempio, prova a farne un profondo.”
Noah, imbarazzato, respirò frettolosamente. Hanoka sorrise e cercò di rasserenarlo – “Amore tranquillo, sei con la tua famiglia.”
“So che è dimostrato che la meditazione faccia bene, ma non sono abituato, mi fa sentire strano.” – disse Noah.
“Non ti ho suggerito di meditare, solo di respirare. Hai riempito la tua vita di emozioni così forti che ora per sentire quelle più flebili devi impegnarti. Per questo ti giudichi, per questo hai paura, per questo non senti la via.”
Lo straniero allora chiuse gli occhi facendo un profondo respiro – “Ora capisco Moad Haid”.

Terra, anno standard 2765

Noah fece ritorno sulla terra con la sua famiglia e Moad Haid. L’opera di deartificializzazione aveva dato i suoi frutti. Nel corso dei 20 anni passati insieme a Moad Haid, Noah plasmò parte del suo impero in modo che rispecchiasse gli insegnamenti del suo maestro; la terra fu il suo primo esperimento, dopo aver rimosso ogni costrutto umano, la natura ebbe tutto il tempo per riconquistare incontrollata la terra. Ora gli umani potevano iniziare a farvi ritorno, ma solo ad una condizione, seguire le nuove leggi a basso impatto antropico. La maggior parte dei precedenti abitanti della terra decise di trasferirsi altrove, molti sui grandi pianeti commerciali artificiali che orbitavano tra la terra e marte, ma alcuni decisero di tornare.

L’inverno sfumava di bianco gli erti versanti della valle. Il fiume scorreva tranquillo mentre Moad Haid e Noah camminavano lungo le rive.
“Moad, ogni tanto ho paura che scelte così radicali spaventino le masse, danno grandi opportunità di propaganda ai nostri avversari politici. Non credi che dovremmo rendere questo processo meno esplicito?” – chiese Noah.
“Sei tu il politico, Noah. Io sono solo il grillo sulla tua spalla che hai deciso di ascoltare. Chiediti solo se stai seguendo la via.” – rispose sorridendo Moad Haid.
Noah girò subito lo sguardo su Moad Haid – “Sai che anche io seguo la via” – disse seccato, e dopo un lungo respiro aggiunse – “In questi 20 anni non sono mai riuscito a spiegarmi come tu possa non farti alcuna domanda…”
“Semplicemente i miei problemi non necessitano domande, hanno già una risposta. So che devo stare con te, ma non è mia responsabilità pensare agli affari politici, quindi non mi chiedo cosa sia giusto o sbagliato. Certo ora sto bene.” – alzò gli occhi al cielo, una grande acquila stava per scomparire dietro la cima della montagna davanti a loro.
“So che i miei bisogni sono artificiali, e voglio farlo capire anche agli altri, ma è così difficile. E anche io Moad sto bene, solo, ogni tanto ho paura perchè credo tu sia l’unico vero essere umano e so che nessuno è pronto per vivere come te.” – Noah raccolse un legno da terra e lo lanciò nel fiume – “Ora seguo la corrente, ma rimango un ramosciello, tu sei l’acqua Moad.”
“Sia l’acqua che il bastone sono parte del fiume, anche l’acqua non scorre sulla montagna dove preferisce, ma erode le rocce che la montagna gli permette di erodere. E questo gioco, Noah, va avanti all’infinito: ogni elemento è dove deve stare, la realtà stessa si manifesta seguendo i suoi stessi schemi. Tutto segue la via, perchè la via è tutto.” – mentre parlava Moad Haid camminava sulla neve e lì dove il suo piede stava per appoggiarsi un’impronta si materializzava anticipandolo.
“Rimane il fatto che per come seguo la via io, ho bisogno di farmi domande, perchè le mia scelte hanno implicazioni molto più complesse rispetto alle scelte che prendi tu. Oppure credi che ogni scelta possa essere presa così come tu prendi le tue?” – chiese Noah.
“Da quando hai iniziato a respirare ti sei avvicinato alla via, ora sai che quello che chiamiamo futuro è solo un pensiero nella nostra testa, in realtà il momento successivo esiste già, e la tua mente arriva in ritardo rispetto al tuo corpo che già lo sta vivendo. E non c’è differenza tra un secondo o un anno, tu hai già preso le tue scelte, così come faccio io con le mie impronte, devi solo mettere il piede li dove si manifestano. Devi accettare che il tuo corpo conosce la realtà meglio della tua mente, la mente è il muro che ti impedisce di vedere la realtà: il bastone, il fiume e la montagna sono la stessa cosa, sono la via. L’ego degli uomini vive con il costante complesso di essere un passo indietro rispetto al corpo e quindi inventa passato, presente e futuro per credere di poter avere scelta.” – concluse Moad Haid.

I due meditavano seduti su due massi bianchi in un punto in cui il fiume creava una grande piscina naturale, quando Noah interruppe il silenzio – “Quando la coscienza si manifesta nella realtà, smette di essere la via, ma non smette di voler essere viva”.
“Esatto Noah” – disse con calma Moad Haid.
“L’ego è la manifestazione di questa paura, il più grande inganno dell’uomo è la sua più grande salvezza.” – continuò Noah – “Ora capisco, tu non sei Moad e io non sono Noah. Siamo costrutti del sogno della via.”
“Esatto Noah” – ripetè Moad Haid.
Davanti alle rocce un grande schizzo d’acqua bagnò i due, ma nulla era caduto o saltato fuori dall’acqua.
“Avanti Noah.” – disse Moad Haid indicando le onde circolari lasciate nell’acqua.
Noah si tuffò, e non ci furono schizzi, perchè quelli vi erano già stati.

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